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Ep.32 – COME FARE LO STRUZZO in 9 mosse

28.05.2024

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Trascrizione episodio

Quando siamo confrontati con un dolore, sia che emerga dal passato, sia che lo proviamo nel momento attuale, possediamo delle strategie per mettere in atto la “politica dello struzzo”. Possediamo dei “trucchi” dell’attenzione, cui ricorriamo tutti, che ci consentono di scansare il dolore attraverso un autoinganno.

Questi trucchi hanno un’efficacia nel nascondere sotto il tappeto ciò che ci provoca dolore ed un livello di consapevolezza tra loro inversamente proporzionali. Nel senso che ad una massima “efficacia” nell’evitamento corrisponde una minore consapevolezza in chi la mette in atto.

Freud ha parlato di questi trucchi definendoli meccanismi di difesa. Sono una sorta di censura nelle percezioni, che può avvenire, come afferma Erdely, “ovunque nel flusso mentale, dal primo millesimo di secondo dalla percezione dello stimolo fino al momento in cui si richiamano alla mente ricordi lontani”.

Il primo “trucco” consente di allontanare dalla consapevolezza un pensiero, un impulso o un ricordo: Freud l’ha definito rimozione. Come afferma Daniel Goleman, è “dimenticare e dimenticare di aver dimenticato”. Ciò che disturba, che può essere per esempio un desiderio inaccettabile, impulsi aggressivi, ricordi disturbanti, sentimenti terrorizzanti o fantasie di cui ci si vergogna, viene sepolto nella mente e il successivo accesso alla consapevolezza viene bloccato dalla rimozione.

Quando ci rifiutiamo di accettare le cose come sono, mettiamo in atto il trucco della negazione. Ricomponiamo i fatti per nascondere la realtà. Ad esempio, invece di dire “ti odio”, dico “non ti odio”. Un ulteriore passo della negazione è la conversione, in cui non solo la realtà viene negata, ma c’è anche una trasformazione nel suo opposto: da “sono triste” affermiamo “sono felice”.

Goleman sintetizza i due processi con la frase: “Quel che è così non lo è (negazione), è vero il contrario (conversione). Così può succedere che l’impulso ad essere disordinati diventi mania dell’ordine, la rabbia in accudimento soffocante, la lussuria in rigido moralismo (qualcuno ricorda il film con Alberto Sordi “Il Moralista”?)

Un quarto trucco è la proiezione, con cui letteralmente buttiamo al di fuori di noi ciò che rifiutiamo di noi stessi. È un modo che ha la nostra mente di trattare a distanza sentimenti insopportabili, comportandoci come se non ci appartenessero. Ci sono i meccanismi della negazione e dello spostamento alla base di questa difesa. Per prima cosa ciò che ci provoca ansia (un’idea, un sentimento, un impulso) viene bloccato alla consapevolezza attraverso la negazione. Poi viene spostato al di fuori di sé, su qualcun altro. Ad esempio: davanti ad una certa persona svanisce la mia rabbia, e misteriosamente compare la rabbia di quella persona verso di me. Quindi la rabbia può ora raggiungere la consapevolezza, perché è trasformata attraverso il meccanismo della proiezione. Ecco perché è utile chiedersi, ad esempio, cosa c’è che mi irrita o mi respinge di una data persona, perché questa indagine può rendermi consapevole di una zona cieca di me stessa.

L’isolamento è un meccanismo attraverso il quale non rimuoviamo l’evento spiacevole, ma i sentimenti che evoca. La nostra attenzione si fissa sui fatti, ma senza i relativi sentimenti che li accompagnano.

Spesso ci fabbrichiamo una “storia di copertura”, cioè mettiamo in atto la razionalizzazione, una delle più comuni strategie difensive. Neghiamo i veri motivi attraverso l’impalcatura della ragionevolezza. Così creiamo bugie molto abili, che riescono a convincere noi stessi e gli altri. Sono l’invenzione di scuse convincenti e alibi. Chi non ha mai sentito la frase “È per il tuo bene” o “questo fa più male a me che a te”.

Quando poi sostituiamo ciò che fa paura con qualcosa di innocuo, mettiamo in atto la sublimazione: invece che rimuovere gli istinti socialmente riprovevoli, li incanaliamo verso azioni in “mentite spoglie”. Goleman offre esempi godibili del meccanismo di sublimazione, come ad esempio “l’impulso a rubare che diventa una brillante carriera in banca, o la spinta a mutilare che diventa arte chirurgica”.

Oltre a questi veri e propri meccanismi di censura del ricordo, possiamo affiancare alcune operazioni di sicurezza che distorcono l’attenzione in un dato momento, come ad esempio

la disattenzione selettiva, ovvero non vedere ciò che non piace e l’automatismo, ovvero non accorgerci di ciò che stiamo facendo.

In entrambe le operazioni la difesa è nel filtro: cioè, nella disattenzione selettiva una parte di ciò che percepiamo viene cancellata prima che raggiunga la nostra consapevolezza, mentre nell’automatismo la disattenzione viene estesa anche alle risposte, nel senso che non solo non siamo consapevoli di alcuni dati della realtà che percepiamo, ma anche delle risposte che diamo a tale realtà.

picture credits: Arie van Ravens on Pexels

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